Quando si parla di narrazione il rischio della semplificazione è concreto e reale se poi si parla di narrazione applicata al mondo della comunicazione tutto questo vale ancora di più.
Cercare di fare ordine non è sempre facile cercando di non banalizzare un argomento importante che può rivelarsi un’ottima risorsa all’interno di una strategia di comunicazione che possa risultare vincente nel tempo.
Iniziamo dicendo che le storie fanno parte della nostra vita da sempre e, se ci pensiamo, ci accorgiamo di quanto noi stessi, ogni giorno, le raccontiamo mentre condividiamo momenti della nostra vita quotidiana attraverso i quali cerchiamo di raggiungere quella strana forma di equilibrio tra reale e virtuale, tra quello che siamo e quello che crediamo di essere.
Proseguiamo con un piccolo gioco: se dovessimo, in questo preciso momento, indicare un film, un libro, una pubblicità senza pensarci troppo ma solo seguendo l’istinto scopriremmo che ognuno di noi, nella propria mente, ha uno spazio nel quale custodisce proprio quel film, quel libro o quella pubblicità che riporta a un ricordo, un’emozione, un momento particolare vissuto nella vita. Se facciamo ancora più attenzione possiamo ricordare ancora suoni, profumi, colori, pensieri, sensazioni, persone, luoghi.
Tutto questo per dire cosa? Per dire che le storie hanno un potere forte, hanno la capacità di incidere, lasciare un segno, restare nel profondo. Per dire che le storie hanno la possibilità di creare senso di appartenenza e condivisione.
Il mondo della comunicazione è, da sempre e giustamente, molto attento al potenziale che le storie possono avere e possono far emergere ed è per questo che, da qualche anno a questa parte, si parla spesso di storytelling inteso come l’arte di poter comunicare attraverso la semplicità, solo apparente ricordiamo, delle storie.
Storytelling percepito come ingrediente segreto e indispensabile per garantire il successo di una strategia o di un piano di comunicazione pur sapendo che questo, a dire il vero, non è proprio corretto perché oltre al termine storytelling servono competenza, tecnica, visione e progettualità. Tutti elementi che, se uniti insieme, possono essere di grande aiuto per arrivare a raggiungere gli obiettivi che vengono individuati e prefissati.
Fare storytelling, come si usa dire in modo certamente troppo semplicistico, non è quindi cosa che si può improvvisare. Comunicare scegliendo di usare l’arte della narrazione è una tecnica attraverso la quale ci si assume la responsabilità di compiere delle scelte che potremmo definire senza dubbio strategiche: quali valori raccontare e a chi, in che contesti offline oppure online, attraverso quali strumenti, in che modo, con che parole, esprimendo quale tono, per raggiungere quali risultati, per creare quale stato di immedesimazione emotiva, sensoriale o psicologica?
Sembra facile ma, già da queste piccole indicazioni, capiamo come l’uso dello storytelling necessiti della volontà e della capacità di andare in profondità per riuscire a far emergere quanto di migliore una persona, un’azienda, un prodotto o un servizio possono avere.
Storytelling ma anche retorica quindi? Possibile sia necessario tornare al passato per aiutare la comunicazione di oggi, fatta di velocità e media diversi nei quali è possibile essere presenti sempre e in ogni momento, a essere funzionale, efficace, determinante e perché no performante?
Possibile sia necessario dover tornare all’arte del saper comunicare bene per costruire al meglio la propria strategia?
La risposta è sì e quindi proviamo a capire quali elementi della narrazione e della retorica possono essere messi in campo:
- iniziamo dall’analisi dell’identità che dobbiamo comunicare e dei valori sui quali questa si fonda perché è su questo che si lavorerà per creare empatia ed è su questo che si rifletterà per capire cosa vogliamo raccontare, in che modo e in che parte per iniziare a tracciare le linee del proprio tessuto narrativo
- proseguiamo con le emozioni che vogliamo suscitare perché queste diventeranno un legame importante con quello che vogliamo trasmettere
- poniamo attenzione alla costruzione della storia: in che contesto ci si trova, chi sono i protagonisti, quale sarà il valore caratterizzante
- ancora su che medium si vorrà essere presenti, verrà sviluppata una comunicazione integrata oppure no.
Questi sono solo alcuni dei tanti piccoli elementi di analisi che possono risultare indispensabili per capire come scrivere, che parole usare e come dare il giusto equilibrio a elementi di emotività, attenzione e coinvolgimento.
Perché lavorare attraverso lo storytelling?
Perché in questo modo possiamo instaurare un rapporto di fiducia positivo basato sulla comprensione e sulla familiarità ad esempio, perché le storie riescono a rendere semplici questioni o messaggi che potrebbero essere complessi, perché sono riconosciute e riconoscibili facendo in modo che le persone siano, naturalmente, predisposte ad ascoltarle e a comprenderle, perché creano coinvolgimento.
Tutti motivi che possono avere una ricaduta positiva all’interno di una strategia di comunicazione che a tutto questo, in fin dei conti, ambisce.
Da ultimo, ma non per questo meno importante, ricordiamo che lo storytelling è un vero e proprio approccio professionale, una visione delle cose, un modo in cui si sceglie di portare avanti la costruzione di un progetto. Lo storytelling può diventare il filo rosso capace di unire, attraverso una narrazione ben strutturata, tanti aspetti che nella singolarità potrebbero apparire poco significativi mentre in questo modo non solo vengono messi in evidenza ma possono diventare indispensabili per rendere unico un progetto come unica sarà la storia che potrà essere raccontata.