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Atleti e social media: comportamenti ed effetti copertina

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La digitalizzazione ha coinvolto ogni tipo di piega della società, ogni individuo ed ogni soggetto che abbia la necessità o l’obbligo di una esposizione mediatica. Lo sport e gli atleti non fuggono da questo assetto e mentre le società sportive possono contare, ormai a tutti i livelli, di una struttura interna dedicata alla comunicazione e al marketing digitale, l’atleta invece, come individuo, è ancora troppo immaturo sulle regole dell’utilizzo corretto dei social. 

I social come archivio della memoria dell’individuo

La percezione che i social media siano un luogo libero, dove ci si possa esprimere senza particolari paletti, non può valere nemmeno per l’individuo senza impegni sociali determinanti. Vale la pena soffermarci sul tema, approfondendo un aspetto puramente sociologico che coinvolge l’essere umano prima dell’atleta.

Chi di noi, all’alba di Facebook, primo social con ormai più di 10 anni di vita, ha veramente considerato che ciò che allora scriveva, le foto che caricava online o i commenti lasciati sotto i post dei conoscenti o anche degli sconosciuti potessero avere un effetto sul proprio futuro?

La percezione dello strumento, nel 2008, era tale che si pensava di avere tra le mani una chat poco più che evoluta, una versione moderna di IRC, C6 o ICQ. Quelli come me che hanno iniziato a “navigare” in GPRS e dial mode sanno bene a cosa mi riferisco: micromondi di parole dove intrecciare conversazioni, conoscenze e relazioni che vivevano relegate in un ambito digitale primordiale abbastanza privato e circoscritto.

Poi Mark Zuckerberg costruisce Facebook e il codice che compila e che dovrebbe avere il solo fine di mettere in contatto le persone, si arricchisce, cresce ed evolve in un piccolo ecosistema che inizia a contenere dati. Tanti dati. La mutazione sociologica e strumentale del microcosmo Facebook soggiace alla sua crescita e il sistema evolve in un grande, macroscopico intreccio di contenuti che completano un mondo di conversazioni ed oggetti che costruiscono identità. 

In 10 anni noi siamo cresciuti con Facebook e siamo esattamente quello che abbiamo scritto, che abbiamo postato, siamo le foto che ci siamo fatti e che abbiamo caricato, siamo i commenti che abbiamo lasciato e i like che abbiamo regalato sotto i contenuti che abbiamo gradito. 

Addirittura, per meglio misurare il sentiment del nostro approccio verso la notizia o il contenuto, i social media hanno studiato un modo per affinare il gradimento, il like ed il dislike rispetto al post e il profilo di ognuno di noi ha iniziato a delinearsi attraverso delle pieghe più precise.

I comportamenti in rete e il riflesso nella vita reale

L’errore grossolano che ogni individuo compie è quello di non considerare questo fattore. Non solo. Le aziende, sportive e non, tra le cose che analizzano nel processo di recruiting della persona/atleta, puntano l’attenzione sicuramente sui comportamenti e le inclinazioni personali che quell’essere umano, oggetto di analisi, ha lasciato in rete, come un moderno Pollicino che credendo di lasciare solo briciole per ritrovare la strada di casa, ha lasciato dietro di sé le tracce indelebili del proprio passaggio. 

Il fatto è che mentre fino a circa 5 anni fa c’era immaturità nel comprendere la potenza degli strumenti sociali digitali, oggi Internet e i social non sono più un mondo parallelo ma sono il mondo stesso. Le nostre vite hanno una doppia essenza: quella materiale e quella digitale. E questa cosa viene percepita anche e soprattutto nella vita professionale dell’individuo. 

Le società sportive e il rapporto con gli atleti digitali

Oggi, nello strutturare una squadra e nello scegliere se aggregare o meno un atleta ad un Team, si valuta l’esposizione mediatica del singolo giocatore: se utilizza i social in maniera coerente con lo spirito sportivo della disciplina e soprattutto se la sua vita digitale possa essere un volano anche per le attività di marketing e merchandising del club.

Ronaldo è sicuramente il caso da manuale se pensiamo e valutiamo quanto la firma del suo contratto con la Juve si sia ripercosso sui social sin da subito, attivando conversazioni e attirando sul merchandising l’attenzione dei tifosi. 

Ma c’è anche il lato puramente di utilizzo e comunicativo che, se non valutato con attenzione dall’atleta, può avere pesanti ripercussioni sulla sua vita sportiva. La considerazione da fare è soprattutto sul mezzo utilizzato. Facebook è stato messo da parte perché troppo “complesso” sia nella gestione che nella comprensione di quanto poi l’algoritmo metta in evidenza i contenuti nel feed dei followers. Quindi Instagram ha conquistato l’attenzione dello sport per facilità di utilizzo, intuitività e strumenti a disposizione che riescono a declinare i momenti sportivi in maniera immediata e coerente. 

I due motivi che spingono l’atleta ad un corretto utilizzo della rete

atleti e social media

Se questa modalità di gestione ed esposizione della presenza su Instagram è diventata appetibile per le società, per gli atleti è una necessità. Ci sono due fattori importanti secondo i quali l’atleta si sta spingendo ad un utilizzo consapevole della rete e dei social:

  1. Utilizzare al meglio lo strumento per evitare di incorrere in errori grossolani com’è capitato a Radja Nainggolan e capita ancora ad acerbi atleti che pensano che il proprio profilo sia uno spazio privato dove fare tutto.
  2. Crescere nella consapevolezza delle potenzialità dei linguaggi e dei tecnicismi dei social media per poter prendere il posto degli influencer rispetto a contratti con sponsor e aziende interessate ad investire nello sport ed utilizzare gli atleti come immagine e amplificatori del brand.

In sostanza l’atleta ha preso coscienza delle potenzialità della rete e, oltre ad allenarsi in campo per poter raggiungere obiettivi importanti, desidera ritagliarsi un posto anche nel digitale per raccontare e raccontarsi ai propri fan in modo corretto e per aprirsi la prospettiva di partnership importanti con brand che hanno la voglia di affiancare lo sport al proprio business. 

Lo sport è un mondo costruito su valori importanti, su chiavi comunicative che hanno un grande appeal per il business. Finita l’era degli influencer con grandi numeri ma con scarse competenze verticalizzate, gli atleti diventano i nuovi “testimonial” della sport industry ed è loro principale interesse comprendere come, quando e dove comunicare la propria immagine.

Alessandra Ortenzi
WRITTEN BY

Alessandra Ortenzi

Autore Hoepli, giornalista ed esperta di strategie digitali per lo sport, docente nei percorsi di formazione aziendale su temi legati al marketing, alla comunicazione e alla nuova informatica digitale, ha collaborato con l’ufficio stampa e marketing della Federazione Italiana Pallacanestro. Digital Advisor DMTC Sport, struttura e cura i progetti di atleti e professionisti del mondo dello Sport. Collabora con la Link University, Tor Vergata e La Cattolica di Milano nei Master di Comunicazione e Marketing Sportivo e con LNP e IUL ha curato il modulo di Marketing Digitale per il “Corso di formazione e aggiornamento professionale per dirigenti sportivi”.

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