Viaggiare nello spazio per studiare e capire meglio l’origine di alcune malattie. Questo è l’obiettivo di un progetto di ricerca che il Campus biomedico di Roma, l’Università Tor Vergata e quella di Teramo stanno portando avanti in collaborazione con l’Esa e la Nasa. Il progetto fa parte della missione VITA, Vitality, Innovation, Technology, Ability, che si sta sviluppando all’interno del programma Expedition 52/53, che la Nasa ha messo a disposizione dell’Agenzia Spaziale italiana.
All’interno della missione VITA, si stanno realizzando 11 esperimenti, molti dei quali in campo biomedico, gli altri in ambito tecnologico. Ma perché svolgere sperimentazioni mediche proprio nello spazio?
L’importanza delle sperimentazioni mediche nello spazio
L’obiettivo degli studi è verificare le reazioni dell’organismo umano a lunghe permanenze nello spazio, in condizioni sicuramente diverse e più critiche di quelle presenti sulla Terra.
Data l’assenza di gravità, lo Spazio risulta essere il luogo ideale in cui svolgere determinati tipi di sperimentazioni, poiché alcuni processi naturali dell’organismo avvengono in condizioni diverse e più accelerate. Osservarne il loro rapido decorso, può essere utile a trovare soluzioni che possono essere utilizzate sulla Terra.
Le osservazioni sono fatte sul corpo degli astronauti, che per non subire danni e effetti collaterali della permanenza nello spazio sono sottoposti ad allenamenti e regimi alimentari particolari prima della partenza. Il corpo degli astronauti diventa quindi un laboratorio di ricerca per la medicina.
Quali sono i principali esperimenti che sono in fase di sperimentazione sullo spazio?
Gli esperimenti medici nella Stazione Spaziale
Numerosi sono gli studi medici attualmente al vaglio dei ricercatori.
Uno studio riguarda il midollo osseo: comprendendo ciò che accade allo scheletro degli astronauti nello Spazio, si può capire meglio cosa accade allo scheletro umano sulla Terra in caso di malattie alle ossa. In assenza di gravità, infatti, le ossa si demineralizzano velocemente, perdendo l’1% di densità al mese e favorendo l’insorgere di fratture e osteoporosi in tarda età, mentre sulla Terra, nelle persone anziane, il processo di demineralizzazione avviene alla velocità dell’1% all’anno. Osservare e capire come questo processo avviene nello Spazio, può aiutare a curare meglio l’osteoporosi sulla Terra.
Anche il comportamento dei fluidi corporei può essere studiato in orbita, poiché questi si spostano verso l’alto. Si è osservato ad esempio che il movimento del liquido sinoviale, durante una lunga permanenza nello spazio, può avere ripercussioni sull’attività cerebrale, influenzando la quantità di materia grigia presente nel cervello, facendola aumentare o diminuire; studiare come questo fenomeno accade, può essere utile a comprendere il decorso di alcune malattie celebrali.
Il campo dell’alimentazione è un altro ambito di cui la ricerca medica potrebbe beneficiare. Sulla Stazione Spaziale, infatti, alcune sperimentazioni sono rivolte a valutare l’apporto energetico di cui ogni astronauta ha bisogno per sopravvivere nello spazio senza aumentare o perdere peso, stando a riposo, in fase di digestione e durante l’attività fisica. Le conclusioni raggiunte potrebbero portare ad importanti risultati sulla comprensione delle dinamiche e dei processi alimentari terrestri.