Come bisogna comportarsi e proporsi online per rispettare tutti e non saltare in aria nel campo minato della comunicazione sui social media? Il fairplay, le netiquette, i post, gli add on. Capiamo come muoverci nella giungla di stereotipi e convinzioni del web senza farci (troppo) male.
La pubblicità ci ha sempre influenzati. E da sempre ha avuto una componente piuttosto pesante nella vita del consumatore prima e dell’utente, oggi. Stereotipi, ruoli di genere, proposte di modelli di vita. Se prima era la televisione a dettare le regole del gioco e, ancora prima i giornali, praticamente da ieri i social media prendono prepotentemente il posto in cima alla classifica dei media più influenzanti. Senza se e senza ma questa è una questione di fatto come il parmigiano sulla pasta con i frutti di mare. Non si discute.
Quello di cui si discute è che ruolo ha l’etica sui social media e come possiamo, nel momento in cui ce ne occupiamo in prima persona, rendere i brand e i progetti che seguiamo altrettanto green sotto il profilo della deontologia professionale che io chiamerei deontologia umana.
Social Media e Deontologia Umana
Perché funziona tanto l’utilizzo degli stereotipi sui social media? Semplice, lo stereotipo genera scontro tra due fazioni di utenti: chi la pensa a favore dello stereotipo, chi è contro. Guelfi e Ghibellini degli stereotipi. Esiste, però, anche una terza fazione – minore ma con un tasso di crescita allucinante, che può essere chiamata quelli della Deontologia Umana.
Che significa deontologia umana?
Molto semplice, ci sono persone che, stanche di essere anestetizzate dal flusso delle relazioni semplicistiche e banali che si hanno con gli strereotipi (vedi Guelfi e Ghibellini), hanno cominciato a lottare contro l’utilizzo di questo escamotage narrativo e a lavorare in favore di un’etica più spinta. O meglio, a spingere in favore di una cultura digitale dell’etica.
La missione di quella che possiamo chiamare deontologia umana si impegna fondamentalmente in due grosse lotte social: quella della decostruzione degli stereotipi e dei pregiudizi utilizzati in comunicazione e quella dell’adozione di una sana etica digitale.
La decostruzione degli stereotipi e dei pregiudizi sui social media
Cosa fa a cazzotti con la stereotipizzazione e i pregiudizi in qualunque campo? Semplice, il dialogo. Creare una cultura digitale ed un’etica condivisa in favore di un’apertura della comunicazione verso l’era dell’abbattimento di ogni strozzatura del senso critico si costruisce sul dialogo.
Costruire un dialogo senza scontri è un’impresa ardua ma se si passa a comprendere il perché del loro uso e della loro costruzione sarà poi più facile far cadere determinate statue.
I passi da fare per decostruire e ricostruire sono pochi ma vanno affrontati in modo davvero cosciente e consapevole:
- analizzare a fondo quali sono i significati condivisi dalla community e perché i membri che fanno parte di quel gruppo li utilizzano e li condividono;
- proporre nuovi significati condivisi costruendoli, passo per passo, insieme alla community del tuo progetto;
- crea nuovi appuntamenti per una socializzazione più sana dei membri della community verso quel tipo di significato.
Facciamo un esempio sano e concreto direttamente dai social media:
- la legislazione italiana in merito ai social media è piuttosto complessa, incompleta e poco chiara persino per gli addetti ai lavori;
- il problema è chiaro: mancano consulenti davvero specializzati e la figura dell’avvocato – proprio rimarcando gli stereotipi, è notoriamente abbastanza ingessata e utilizzare i social non è proprio nel dna di questo professionista;
- cavalcare uno stereotipo come quello dell’avvocato ingessato ed unirlo ad una narrazione di un altro baluardo storico che è quello del ruolo di genere e romperli deve essere una missione suicida all’apparenza.
- il profilo Instagram di @theblondlawyer lavora per rompere gli stereotipi di genere e di ruolo (oltre che con una comunicazione che lavora sulla trasversalità degli interessi e dei contenuti). Valentina Fiorenza è bionda, donna, avvocato. Valentina è trasversale alla narrazione di genere e professionale. Valentina rompe le regole degli stereotipi del sei bionda, sei bella, sei alta ma devi star zitta. Racconta e crea cultura ogni giorno intorno a tematiche solitamente ostiche per un social come quello di Instagram, riguardo problemi complessi e offre soluzioni semplici. TheblondeLawyer destruttura gli stereotipi offrendo nuove connotazioni condivise a strutture altrimenti davvero pesanti.
E questo è solo un esempio buono e consapevole di ciò che la destrutturazione degli stereotipi e dei mood of life ingessati può apportare alla fruizione che facciamo dei social media ogni giorno.
Questo può essere applicato davvero ad ogni azione quotidiana. Capiamo come, però.
La comunicazione deve essere sempre etica?
La Pandemia ha sconvolto tutti e, in questo momento storico, continua a farlo. Abbiamo tremato ed avuto paura. Questo, sulle nostre coscienze (o sulla nostra umanità, dipende dalla prospettiva dalla quale si guarda il discorso) ha avuto sia effetti positivi che negativi. Siamo diventati più tolleranti di fronte all’altro, comprendiamo di più – o almeno ci proviamo, glissiamo su errori minori.
La percezione di alcune cose, però, risulta negativamente alterata.
Ciò che ci scuote ha uno spazio di frenata molto minore rispetto al passato. Già, se in passato una giornalista come Imen Jane avesse mentito sul fatto di possedere o meno una laurea in Economia il mondo ne avrebbe parlato per un po’ e poi la cosa si sarebbe sgonfiata da sé. Si sarebbe passato immediatamente alla lucina successiva, attirati come siamo dal gossip e dalle partite di calcio. Triste ma vero (ed onesto, parlando di etica).
Il discorso è perché oggi un evento classificato come poco etico ci dà fastidio e rischia di esplodere così fragorosamente nella cassa di risonanza dei social media?
Semplice, ci si è acutizzato il nervo etico.
Ci infastidisce molto più di prima il tradimento nella narrazione di un brand. Mentre prima gli stereotipi, i modelli di vita e i ruoli di genere erano abbastanza statici e, quindi, di conseguenza la narrazione era più ingessata, difficilmente usciva da certi binari oggi questa diventa più simile all’atto di lanciare la palla da bowling lungo la pista. Calcolare il risultato di quell’evento è quasi completamente fuori dalla portata di un cervello umano non culturalmente orientato a quello sport. Ecco, sui social media – quando si tradisce la promessa fatta alla community, sei fregato. La palla sbatte ovunque, fa salti, trotterella ma non colpisce i birilli. Li distrugge direttamente. Così fa la fiducia. Crasha. E con lei collassa la community che si fonda sul principio dell’etica.
Come essere etici e rispettare tutti?
Non tradire mai la tua community, non mentire, non dire bugie.
Esattamente come in una qualunque forma di comunicazione pubblicitaria o meno, mantenere salda la promessa fatta al consumatore, al lettore, agli utenti – insomma agli esseri umani che si impegnano in una relazione emotiva, di consumo, d’amore con il tuo progetto è d’obbligo.
Pensare di costruire qualcosa su un castello di carte (o un cumulo di bugie, scegli tu la figura retorica che ti calza più comoda) è quanto di più stupido si possa fare sul web. Mentire sul web funziona. Peccato che prima o poi i nodi vengono al pettine e basta un servizio delle Iene per rovinarti la reputazione e la vita. Ovviamente parliamo di personaggi che non hanno davvero a che fare con il mondo della comunicazione ma con quello del business travestito da comunicazione e questo non è né il luogo né il tempo per dibatterne.
Insomma, il pettine della rete non perdona e – soprattutto, fa un rumore pazzesco. Quello di vetri rotti, di finestre distrutte e di porte che vengono sprangate. Quando la fiducia di una community viene distrutta c’è poco da fare. Hai perso. Per questo motivo qui l’etica diventa fondamentale.
Essere etici ai tempi dei social media significa essere onesti, aggiustare il tiro senza stravolgere la verità, abbracciare la coerenza come stile di vita e non fare mai qualcosa su cui non si è riflettuto a fondo. Essere etici non significa privarsi di essere onesti ma di esserlo con coerenza, rispettare i valori che si è scelto di comunicare e di fare in modo che le nostre azioni li tengano in fortissima considerazione quando vengono realizzate. Insomma, essere etici ai tempi dei social non è facile ma basta pensare a tutto ciò che succede agli influencer (di cui abbiamo scelto volontariamente di non parlare perché significa prima comprendere che tipo di stereotipi non si vuole abbracciare e il significato di etica e poi si può parlare di essere qualcuno online e non) per capire che rompere gli stereotipi ed essere etici sui social è una scelta.
Così, sottolineamolo, lo è quando ci si iscrive ad una piattaforma di social networking. A buon intenditor, poche parole (anche se ne abbiamo usate davvero tante!).
E se prima si poteva dire – ricordando il famoso film Via col Vento, domani è un altro post, senza etica e rottura degli stereotipi sarà difficile avere un’altra chance da una community che non viene rispettata quindi ocho!
E, come in ogni articolo contro gli stereotipi della comunicazione e sull’etica che si rispetti, manteniamo la promessa e ti forniamo una to do list per rispettare tutti:
- mantieni la promessa che fai alla community;
- evita di salire sul piedistallo di chi fa cose e vede gente, punta alla semplicità e allontanati dalla banalità;
- prima di commentare, giudicare, agire pensa che conosci solo una piccola porzione della vita degli altri;
- le scelte che fai sono il riflesso di ciò che sei e di chi sei, falle rispettando quello che hai detto, fatto, promesso;
- non utilizzare gli stereotipi nella tua narrazione, non piacciono a nessuno. Farlo significa essere l’utente qualunquista e tu vuoi essere più di un profilo medio;
- lo sfruttamento degli stereotipi lasciamolo a chi deve far ridere per mestiere e a chi ha poco cervello, noi impariamo ad amare e studiare gli archetipi, quella sì che è comunicazione di classe.
- rompi gli stereotipi con l’etica, ripaga sul lungo periodo. A sfruttare qualcosa di così ovvio ecchecivuole.
Il punto più importante? Che l’etica deve essere autentica e genuina, non può essere solo un atteggiamento per fare marketing. Gli utenti – forse il paragone è forte ma deve essere chiaro, sono come gli animali. Se qualcosa puzza, se ne accorgono. E poi lì il problema è tuo.