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Lo tsunami virtuale: entrata ed uscita del flusso digitale

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L’avvento di Internet per utilizzare una metafora consona al verbo, ormai consueto, del navigare nel web, è stato, come ho più volte evidenziato nei miei scritti, un vero e proprio tsunami virtuale, che ci ha colto impreparati ormai vent’anni fa, non nella sua attesa, prevedibile e sostanziata, ma negli effetti che l’onda net nello scontro con il cervello-habitat-attese-ricerca- umani ha provocato e di ritorno, prodotto.

Sono cambiate in modo repentino, le nostre modalità relazionali, cognitive, ludiche, di apprendimento, di formazione e di lavoro, aprendo la strada a quella che recentemente la neuroscienziata americana Susan Greenfield [2016], ha definito come un vero e proprio cambiamento mentale. Entrata ed uscita che regolano le nostre azioni e i nostri comportamenti sempre e non solo digitalmente e nell’immagine dell’onda-net che ci colpisce impreparati, vuole destare l’attenzione e provocare resilienza e costruttività rispetto ad un’ inermità, che forse ci ha fatto agire da adulti sicuramente poco preparati e consapevoli fino a che non abbiamo iniziato a vedere e cogliere gli effetti dell’erosione su aspetti del vivere quotidiano che dovevano uscirne invece agevolati. Una mente artificiale costruita dell’uomo che si è scontrata con le menti dell’uomo e nell’agito del fare, più che del conoscere, ha prodotto nella società dei cambiamenti repentini ed improvvisi che a loro volta hanno plasmato di nuovo la generazione di prodotti altamente specializzati per aiutare e supportare il nostro vivere ma che spesso, se non ne consideriamo alcuni aspetti profondi, ci continua a travolgere e guidare sul polo della nostra inconsapevolezza e della consapevolezza opposta di guidarci e plasmarci algoritmicamente.  

Un secondo momento importante della rivoluzione digitale è stato il momento in cui Steve Jobs ci ha dato il mondo in mano, come di indica Jacobson nell’interessante biografia dell’ideatore dello smartphone, e noi di nuovo, da adulti poco consapevoli avvezzi ad una tecnologia che “stava ferma” e facilmente controllabile lo abbiamo dato con orgoglio/stupore/controllo/ ai nostri figli in mano, senza comprendere che questa entrata avrebbe prodotto un ritorno di nuovo nello scontro con un cervello questa volta ancora in formazione. Non finisce qui, l’andamento propulsivo del dare con poca consapevolezza, nella concentrazione adulta di comprendere e scaricare il corretto download della comunicazione, ha portato da una parte gli adolescenti a sentirsi legittimati nel procedere verso l’appropriazione del loro strumento, intrecciandolo nei nodi principali delle loro aree di sperimentazione del Sé (principalmente quella relazionale, sociale, ludica e ancor poco quella cognitiva) e generando in uscita un divario/gap generazionale mai vissuto nel corso della storia, dall’altra, nel momento in cui abbiamo alzato gli occhi dallo schermo abbiamo visto che l’avanzamento della tecnologia è arrivato anche ai nostri bambini in età molto precoce, già ad un anno di vita.

Come ormai avrete capito leggendomi, sono del parere che ORA si sia giunti ad un punto di svolta della rivoluzione digitale che necessita una nuova direzione nel procedere in entrata e valutare in maniera scientifica e direttiva l’uscita. 

In questo processo di risveglio genitoriale (intendendo ad ampio raggio, come sapete ormai, adulto), ci hanno aiutato gli stessi adolescenti, che hanno iniziato ad esprimere in modo capillare il loro disagio e la loro sofferenza, attraverso quelle che potrebbero essere definite le potenzialità o limitazioni della rete, che amplifica e diffonde, come in una di cassa di risonanza, la voce dei giovani, che spesso “urlano” per essere ascoltati. Ascolto, che diventa quindi necessario, soprattutto in relazione all’ emergere di fenomeni nuovi come il cyber-bullismo, il sexting, il selfing compulsivo ma anche hate speech, grooming, cutting, revenge porn, che tende a fermare l’attimo senza poter permettersi di viverlo appieno, che blocca un flusso del divenire, affettivamente inteso come l’adolescenza. 

Per riprendere la metafora della navigazione, e per unirci in uno sforzo/immagine congiunta, occorre procedere, verso quella che Platone definisce come la seconda navigazione, che necessita di un prendere in mano la direzione della nave e guidarla con rigore, impegno e sforzo, per noi individuale e collettivo, verso la meta. Meta che è rappresentata dal benessere e dalla salute mentale dei nostri, figli, degli adolescenti, delle nuove generazioni, e nel divenire prospettico della nostra società e questo si può fare partendo dalla base, dal traghettamento della famiglia disconnessa verso quella che ho definito la famiglia connessa anche digitalmente nel quale la tecnologia entra ma non esce di ritorno stravolgendola. 

Insieme mai soli, con un bagaglio di termini nuovi alla mano, diamo avvio alla nostra nuova sfida educativa.

Barbara Volpi
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Barbara Volpi

Psicologa, psicoterapeuta, PhD in Psicologia Dinamica e Clinica, collabora con il Dipartimento di Psicologia dinamica e clinica della Sapienza – Università di Roma, è docente al Master di II livello sul Family Home Visiting, presso il Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica- Sapienza- Università di Roma e presso l’Accademia di Psicoterapia Psicoanalitica [SAPP] di Roma. È membro dell’Italian Scientific Community on Addiction della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento Politiche Antidroga e Socio Fondatore della SIRCIP [Società Italiana di Clinica, Ricerca ed Intervento sulla Perinatalità). È autrice di numerose pubblicazioni e articoli di ricerca, e interventi sul tema dell’Educazione Digitale. Tra le sue ultime pubblicazioni segnaliamo: «Gli adolescenti e la rete» (Carocci, 2014) e per il Mulino «Family Home Visiting» (con R. Tambelli, 2015) e “Genitori digitali. Crescere i propri figli nell’era di internet” (2017).