L’era digitale richiede costantemente regole nuove, o piuttosto alcune soluzioni tradizionali possono essere adattate ai cambiamenti? Il concetto di identità è profondamente mutato dallo sviluppo di internet, e lo pseudonimo trova posto nell’era digitale?
La fragile e affascinante Zelda Fitzgerald si cela dietro l’identità del più famoso marito probabilmente per ottenere maggiori profitti dai suoi scritti.
Emily Bronte dà alle stampe il suo Cime Tempestose “travestandosi” da uomo affinchè tale menzogna sulla sua identità di genere le dia considerazione e vinca quella « vaga impressione che gli autori siano suscettibili di essere considerati con pregiudizio».
Lo pseudonimo degli artisti del passato non è una menzogna sull’identità ma un romantico e sovente proficuo escamotage.
E lo pseudonimo nell’era digitale? Di primo acchito, lo pseudonimo nell’era di internet ha una connotazione quasi anacronistica.
E’ sin troppo semplice modificare la propria identità nell’era di internet, che gli pseudonimi sembrano destinati a prendere polvere sulle copertine della letteratura vittoriana.
L’era digitale ci ha regalato il network “Second Life” già da molti anni, ci ha autorizzati a sceglierci il nome, il sesso, le attitudini e il mestiere affidando le nostre caratteristiche psico -fisiche ad un avatar digitale, a quale scopo, dunque, servirsi di uno pseudonimo?
Pseudonimo, tuttavia, è anche la traduzione di nickname. In definitiva, lo pseudonimo entra nell’era digitale prima di tutto e tutti, o probabilmente rappresenta l’essenza delle comunicazioni dei social network. Ed è anche uno strumento utile per la protezione dei dati personali.
Il Regolamento Europeo 679/2016 (cosiddetto GDPR) definisce nel dettaglio la pseudonimizzazione ovverosia l’utilizzo degli pseudonimi quale mezzo di ulteriore tutela dei dati personali, insieme alla crittografia. La pseudonimizzaizone è il processo che modifica, e “maschera” i dati personali, soprattutto sensibili di una persona, in maniera tale che i dati stessi non possano essere attribuiti all’interessato senza l’utilizzo di informazioni aggiuntive; a condizione che tali informazioni aggiuntive siano conservate separatamente ( art.4, Reg. UE n. 2016/679)
Una delle applicazioni pratiche della pseudonimizzazione è la maggior tutela dei dati trattati dalle aziende oppure la protezione dei dati degli alunni con disabilità.
Il decreto ministeriale 28 luglio 2016, n. 162 ha previsto che i dati degli alunni disabili siano inseriti in una partizione separata dell’Anagrafe Nazionale degli studenti e privati degli elementi identificativi degli stessi.
Operazioni troppo complesse?