Smart Working e necessità ai tempi del Covid e oltre
Tutti i giorni si ripete irrimediabilmente una scena a lavoro e non importa chi siano i protagonisti, perché la cosa interessante è proprio la ripetitività dei contenuti, indipendentemente dagli attori o dal progetto. “Ti serve proprio questa cosa? È urgente? Ma come faccio, io non ho tempo”. Ancora più interessante è notare quante volte in un giorno, che sia a lavoro o nella vita quotidiana, le persone si lamentino di non aver tempo, di non riuscire a gestire tutti gli impegni che hanno. Nella mia vita professionale, sia da dipendente sia da freelance e non importa se in azienda od online, questa “lamentela” è sempre una costante. Le persone si dichiarano oberate, dicono di non arrivare a completare un compito, di essere stressate a causa del carico di impegni. Ma siamo sicuri che sia veramente così? Essere sempre oberati di impegni, a mio parere, non è credibile e non sarebbe sostenibile, ma il sentirsi costantemente inseguiti da troppe urgenze è un sintomo che sottende la difficoltà nel distinguere le attività importanti da quelle urgenti. Può darsi che si creda di riuscire a fare questa distinzione, ma poi, nel concreto di ogni giorno, non si riesca a gestire veramente questo dualismo.
Quali sono le cose di cui ti sei maggiormente pentito?
Bronnie Ware, un’infermiera australiana specializzata nella cura di malati terminali nelle ultime settimane di vita, è oramai conosciuta in tutto il mondo perché i suoi libri sono diventati best-seller. Nel suo primo libro The top five regrets of the dying1, in cui scrive della fenomenale e chiara visione che le persone hanno alla fine della propria vita, Bronnie ha raccolto le cinque risposte più comuni alla domanda “quali sono le cose di cui ti sei maggiormente pentito?”:
- avrei voluto avere il coraggio di vivere la vita a modo mio, senza il condizionamento delle attese altrui;
- vorrei non aver lavorato così duramente;
- avrei voluto avere la forza di esprimere sempre i miei sentimenti;
- sarei dovuto essere più vicino ai miei affetti/amici;
- avrei dovuto concedermi di essere più felice.
Sono tutte connesse tra loro, ma è sorprendente quanto la seconda risposta sia più frequente delle altre. Trasliamo il messaggio riflettendo su quel che facciamo ogni giorno a lavoro. Passiamo molto del nostro tempo in riunione, al telefono, a controllare e rispondere a email, chat e via dicendo. Ma quanto produciamo poi in realtà? E quanto tempo invece spendiamo rincorrendo le attività? Quanto tempo destiniamo a questo tralasciando la nostra vita personale? Cosa succede quindi?
A questa domanda possiamo rispondere con le parole che ha usato Phil Libin, fondatore di Evernote, durante una sua lezione magistrale a Stanford2. Il tema era la competenza a differenziare importante e urgente. Libin afferma che:
“Urgente è un’attività che ha, come unica variabile, il tempo ed è oggettiva”.
Rientrano tra queste tutte quelle attività che richiedono una risoluzione temporale vicina e che, se non vengono espletate nel breve termine, hanno conseguenze per qualcuno. Per esempio, la preparazione di una presentazione di un progetto oppure comprare il latte per un neonato nel caso la scorta sia finita, rispondere al cliente che sollecita la risoluzione di un problema sul prodotto/processo e così via.
“Importante, invece, è un concetto soggettivo legato ai valori e obiettivi individuali e si individua in quell’attività che contribuisce al raggiungimento di un obiettivo nel medio-lungo termine.”
Tra queste possono rientrare, per esempio, la stesura del tuo primo libro, la presentazione per la promozione di un prodotto, il business plan della tua azienda, diventare genitore.
Devo farlo oggi (forse no)
Succede che il numero delle urgenze, spesso, diventi così grande da non dare spazio alle cose importanti; per cui, travolti dalla gestione delle impellenze, si perde il focus e non si ha tempo per la gestione dei progetti\attività. La sensazione diventa quella di essere in un continuo stato di “emergenza”: ovviamente uno stato di crisi perenne non è sopportabile, deve essere gestito e anche ridimensionato. Non ti dirò come gestire le attività o come pianificare le emergenze o, ancora, come creare spazio tra due attività per inserire un’urgenza. Il mio obiettivo è molto più alto, perché ti spiegherò come rispondere alle seguenti domande: è davvero così “urgente”? Questo lavoro/attività richiede attenzione immediata o può aspettare ancora un po’? È davvero necessario fare quest’attività entro oggi?
In teoria queste sono domande a cui non sarebbe difficile rispondere, ma nella vita reale riceviamo talmente tante richieste marchiate come “urgenti” dai nostri colleghi e/o clienti che spesso, presi dal desiderio di accontentare tutti, accettiamo in maniera incondizionata tutto, senza porre delle domande o mostrare disaccordo. Pensate alle richieste urgenti che vi sono arrivate ultimamente: quante di queste sembrano “questioni di vita o di morte”? E quante di queste hanno una chiara spiegazione delle motivazioni legate al carattere di urgenza con la solita scadenza “è per ieri”?
Importante o urgente
Una prima cosa da fare, senza dubbio, è imparare a distinguere tra importante e urgente. Questa distinzione è apparentemente molto intuitiva, ma più spesso di quanto vorremmo cadiamo nella trappola di credere che tutte le urgenze siano importanti. Questa propensione non è un male degli ultimi decenni, ma ha i suoi fondamenti nell’evoluzione della storia e della specie: i nostri avi erano concentrati molto di più sulle strategie a breve termine che non su quelle a lungo termine. Questo era determinato, chiaramente, dal fatto che qualsiasi minimo cambiamento della routine quotidiana poteva avere impatti imprevedibili e diventare questione di vita o di morte.
Le tecnologie odierne (news h24, i social network, la Rete, la connessione continua, gli smartphone) hanno accresciuto ulteriormente questa mentalità profondamente radicata, perché trattano tutte le informazioni come ugualmente urgenti e pressanti. Ed ecco che l’ultimo videoclip di Miley Cyrus è da prima notizia così come il terremoto in sud Corea. Ovviamente la nostra mente, che ha un sovraffollamento di stimoli continui, tende a non discernere e a essere soggiogata da tanta urgenza.
Cosa possiamo fare, quindi, per sopravvivere a questa sovrastimolazione e alla tendenza a trattare le urgenze tralasciando l’importante? Prima di tutto, iniziamo a costruire una scala di priorità che ci aiuti a mantenere un ritmo costante tra le attività importanti e quelle urgenti. Per quanto possa sembrare innaturale e ulteriormente complicato, dobbiamo soffermarci e dedicare del tempo al pensiero strategico: fare una lista di tutte le attività in programma e decidere quali devono essere portate a termine “subito”, quali possono essere “posticipate”, quali devono essere “pianificate” e quali, invece, possono essere “delegate” è il modo migliore per non perdersi tra la moltitudine di urgenze che ci fanno costantemente sentire come se fossimo vigili del fuoco, chiamati a spegnere incendi gravissimi. Prendersi del tempo a inizio giornata per fare questa pianificazione, ci consente di affrontare la moltitudine di attività in modo diverso e di dare anche risposte differenti alle nuove richieste che arrivano.
Non è un caso che molte delle persone di successo, come Hans Vestberg3 (ex CEO di Ericsson, attualmente Chairman e CEO di Verizon) o Karen Blackett4 (Chairperson Mediacom UK) o tanti altri, abbiano l’abitudine di svegliarsi presto al mattino. Lo fanno con l’obiettivo di usare il tempo in cui gli altri dormono per pianificare la giornata e per dedicare qualche momento a se stessi, cosa che durante il giorno non riuscirebbero a fare. Organizzano la loro vita per priorità, per l’appunto: Michelle Obama, per esempio, ha più volte dichiarato che se non dedicasse almeno 40 minuti del suo tempo giornaliero allo sport, avrebbe gravi ripercussioni sulla sua abilità a gestire tante cose durante il giorno. Questo è un chiaro esempio di come un’attività importante venga inserita nella giornata di una persona al fine di migliorarne le performance.
Pensate a cosa succede quando più priorità vanno in conflitto tra di loro. Prima di tutto, la qualità del lavoro diminuisce, perché ci si trova nella situazione di dover lavorare più velocemente o in contemporanea su più attività o, addirittura, di consegnare in ritardo rispetto agli accordi presi. Questo comporta molto stress, nervosismo, incremento delle ore di lavoro e, di conseguenza, meno tempo per tutto il resto, con conseguente disagio. Per di più, può accadere che le persone che stanno aspettando il vostro lavoro si innervosiscano per il ritardo e questo, poi, può creare ripercussioni sulla vostra reputazione e sulle relazioni lavorative. Diceva D. Eisenhower5:
“Le cose davvero importanti sono raramente urgenti e le cose urgenti sono raramente davvero importanti”.
La nostra vita odierna è, come abbiamo detto più volte, molto caotica, impegnata, impegnativa e piena di stimoli; è una competenza fondamentale la capacità di distinguere cosa è urgente e cosa è davvero importante.
Quando sei davanti a una decisione, fermati un secondo e chiedi a te stesso: “Sto facendo questa cosa perché è davvero importante per me o solo perché è urgente?”.
Dare spazio alle attività “top priority” ti darà la forza di reagire in modo positivo e non difensivo a qualsiasi emergenza, – anche quella che stiamo vivendo – scadenza o distrazione dovesse presentarsi all’improvviso, perché avrai una forza mentale, emotiva e fisica che ti sostiene nella loro gestione. Per uno smart worker è un passo imprescindibile. Ora non resta che incominciare, se non lo hai già fatto!
[2] https://www.linkedin.com/in/hansvestberg/ (ultima consultazione 17 marzo 2020).
[3] https://www.mediacom.com/uk/people/person?id=karen-blackett-obe (ultima consultazione 17 marzo 2020).
[4] http://www.iwolm.com/blog/come-definire-le-priorita-usando-la-matrice-di-eisenhower/ (ultima consultazione 17 marzo 2020).