Miti e luoghi comuni sull’autopubblicazione da sfatare
L’Italia è un paese di santi, navigatori e … scrittori. Si scrivono più libri di quanti se ne leggono. È un dato statistico oggettivo. Se però si ha l’ambizione di far uscire il nostro libro dal cassetto e darne una distribuzione più ampia, si deve fare i conti con l’industria editoriale. Insomma, bisogna trovare qualcuno che ve lo pubblica.
Fino a poco tempo fa si poteva ricorrere alla cosiddetta vanity press, cioè ad una forma di editoria a pagamento. In pratica, è l’autore ad accollarsi tutte le spese della pubblicazione e l’editore si preoccupa solo di vendere il vostro prodotto.
Oggi però, specie con la diffusione e l’abitudine agli ebook, sono possibili altre strade, più economiche e anche più efficaci. Il selfpublishing (autopubblicazione), è appunto una di queste.
Tempo fa una particolare cultura cattolica considerava i piaceri autoprovocati come peccati persino dannosi all’organismo. Ovviamente non era vero. Dunque, se volete ricorrere al selfpublishing, non sentiatevi in colpa. Attenzione, però, anche altre credenze comuni attorno al selfpublishing non sono vere. Insomma, facciamo chiarezza.
Innanzitutto, avete davvero un libro che merita di essere pubblicato? È scritto bene? Non contiene violazioni di copyright, insomma, non avete preso testi e/o immagini da altri senza autorizzazione e citazione? Avete curato l’aspetto editoriale, lo stile, il design?
Sono questioni di cui in genere è l’editore ad occuparsi e che, con il selfpublishing, tocca a voi invece curare.
Bene. Ora producete il libro in forma digitale, fatene cioè un ebook in formato epub. Costa troppo infatti la stampa e la distribuzione di un libro di carta. Molto, ma molto meglio la lettura in digitale. Ormai il mercato c’è. Persino i lettori forti, quelli che divorano più due-tre libri al mese, preferiscono il Kindle o comunque un dispositivo digitale per leggere i loro libri rispetto a quelli tradizionali, con buona pace dell’odore della carta.
Ora avete due possibilità. Mettere in piedi un proprio sito web con integrato un sistema di commercio elettronico per la vendita vera e propria dell’ebook o affidarsi ad una delle agenzie di selfpublishing per il marketing, distribuzione e commercializzazione. Consiglio la seconda opzione.
In Italia le più famose sono StreetLib e Youcanprint. Quest’ultima, come potreste aver intuito dal nome, consente anche di stampare il vostro libro, in numero limitato di copie, oltre che distribuirlo come ebook.
Ma oltre alla narrativa, se siete insegnanti particolarmente bravi e talentuosi nella scrittura e divulgazione didattica, potreste anche pensare di autoprodurre libri scolastici da far adottare ai vostri studenti o persino a studenti di altre scuole. È quello che ha fatto la rete BookInProgress, avviata da un dirigente scolastico dell’Istituto Tecnico “Majorana” di Brindisi, Salvatore Giuliano, che oggi coinvolge centinaia di scuole su tutto il territorio nazionale, producendo testi scolastici scritti dagli stessi insegnanti.
Fin qui, tutto bene. Ma non è tutto così rose e fiori.
Innanzitutto, se il vostro libro è scritto male, è sciatto, contiene inesattezze, strafalcioni, e così via, il fatto che sia distribuito in digitale non lo renderà comunque di successo. Non lo leggerà nessuno, neanche i vostri parenti e amici, i quali faranno solo finta di averlo letto. In particolare, se il libro è rivolto alla scuola, potrebbe persino essere dannoso, ebbene sì, far diventare ciechi gli studenti (pensate, ad esempio, a quegli autori folli negazionisti o ai complottatori che affermano che l’uomo non è mai andato sulla luna e via delirando).
Anche l’ebook richiede cura, attenzione, esattezza e design. Questa cura richiede precise professionalità che o sono già in vostro possesso ovvero dovete reclutarle e pagarle.
Insomma, tutti noi sappiamo cucinare a casa un piatto di spaghetti con cui fare felici il gruppo di amici che di tanto in tanto viene a trovarci. Ma quando aspiriamo a diventare ristorante e servire decine, centinaia di persone, la cucina di casa non basta più. Occorrono chef e una brigata professionale. Ci vuole un editore serio, con sistema di validazione e certificazione di qualità.
Il selfpublishing può essere dunque un buon modo per mettersi alla prova prima di scalare verso sistemi industriali e professionali. È un po’ la stessa strada che fanno gli youtubers, diventati famosi con video autoprodotti e poi reclutati dalle major musicali. Ma questa è un’altra storia.